E’ piuttosto difficile smentire il luogo comune che parla degli harem come luoghi di “mollezza”. Le femmine dei sultani, infatti, erano le piu’ assidue dei bagni, dove trascorrevano ore di fila, persino giornate intere. L’acqua bollente, che le schiave buttavano loro addosso usando catini d’oro e d’argento, le spossava. I massaggi rilassanti, le lunghe frizioni profumate ai capelli, i sorbetti e i dolci che le pigrone mangiavano in continuazione, non servivano ad altro che a illanguidirle ulteriormente, finchè, premurosamente coperte dalle schiave con teli di raso o piumini, finivano con l’addormentarsi.Quasi tutto era tollerato, nell’hamam. Vi si tessevano intrighi. Vi si parlava male del sultano. Ma guai a quel pelo che avesse avuto l’ardire di sfuggire all’estirpazione: avere peli sul corpo era considerato disdicevole, e averli poi sulle parti intime era addirittura peccato. Alla vista anche di un debole, misero pelo, le donne fuggivano fuori dall’hamam. E fuori dalle vasche camminavano con zoccoli altissimi che avevamo il compito di proteggere la pelle dal contatto con i preparati depilatori altamente corrosivi. Si depilavano dunque dappertutto, le fequentatrici dei bagni. Gambe, braccia, ascelle. Ma anche pube, froge nasali, interno delle orecchie. Poi spesso si tingevano con l’henne le unghie, le mani e i piedi (seguendo la forma delle scarpe), e il pube. Lo scopo era olfattivo, oltreche visivo. Pare che l’henne fosse una buona misura contro la traspirazione. Ai sultani, evidentemente, il profumo di donna non piaceva troppo!!!!!