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Clemenza, Vostro Onore.

Racconti - 07/04/15 - Autore: Massange
Lo confesso, Vostro Onore, sono colpevole. Ebbene sì, è vero, l’ho fatto, mi sono fatto massaggiare. E non era un trattamento terapeutico, giustificato da certificato medico. E non si trattava nemmeno di un massaggio rilassante, californiano, svedese o uno qualsiasi di quelli tanto in voga oggi all’epoca delle Spa ovunque. Si lo so, Signor giudice, di shiatsu, tuina o ayurveda c’era solo il nome. O forse è solo ignoranza mia, che non capisco le valenze spirituali o filosofiche alla base di quelle ancestrali tecniche orientali. La pura e semplice verità, o Sua Giustizia, è che qualche tempo fa ho scoperto quello che qualcuno chiama massaggio emozionale e da allora ogni tanto ci ricasco. Una, dieci o cento, quante volte credo abbia poca importanza. Sì capisco, Vostro Onore, per il comune pensiero non è decoroso. Ma, se la Corte me lo permette, vi chiedo: cos’è il decoro? Personalmente non trovo nulla di indecoroso nel cercare ogni tanto un po’ di serenità e di piacere in un mondo impostato solamente sul dovere, sulla privazione e sulla frenesia. Nel quale chi è più impegnato, ligio, stressato si atteggia a più figo.


 Come dice? La pratica è da considerare anche come un tradimento di chi mi è vicino? Sì, può essere. Ma mi permetta di nuovo Vostro Onore, non vorrà negarmi che la vita di ciascuno sia composta da tante vite, alcune pubbliche e altre più intime. Ciò che conta è l’equilibrio, l’armonia tra tutte queste vite. In tutta onestà penso che un massaggio al cuore ogni tanto possa essere utile a farlo funzionare meglio con tutti gli altri. E no, Signor Giudice, mi consenta di contraddirla di nuovo, il mio non è un insulto al corpo femminile. Se affrontato con rispetto, il massimo rispetto, da un massaggio si può imparare non solo a dare beneficio al nostro di corpo ma anche ad ammirare, di più a venerare il loro. Addobbiamo la vita con un sacco di cose, governiamo le nostre relazioni con le tecnologie, abbiamo nell’armadio l’abito giusto per ogni tipo di rapporto, creiamo una sovrastruttura via l’altra. Non vale la pena ogni tanto tornare all’origine, al carnale, all’essenziale? Certo, me ne rendo perfettamente conto, è solo mercimonio a caro, carissimo prezzo. Ma il denaro ha un’importanza relativa, dargli troppo valore ce ne rende schiavi. E chi si affanna a spender poco vuol dire che ne ha già fatto un vizio. Ma poi di cosa stiamo parlando? Ha più senso, è più etico dare 100 euro ad un idraulico che ci ripara il water, ad un gommista che ci monta le invernali o ad una persona che – prendendosi cura di una cosa tanto orribile, per quanti stupidi piegamenti si facciano in casa o in palestra, qual è il corpo maschile – ci resetta una settimana o un periodo complicato? Non riesco a trovare qualcosa di male, se non nel significato perbenistico che date voi là fuori al concetto di “male”, in questa ricerca illusoria del massaggio perfetto, in quelle telefonate e in quegli appuntamenti semiclandestini. La conoscenza non può essere un male, entrare in quelle case o studi che dir si voglia, immaginare la vita che è passata in quelle stanze e dentro quegli oggetti, ripensare alla propria appoggiati a una musica dolce e a due mani che scorrono morbide. E magari andare oltre la pelle e conoscere anche una persona. Certo, nell'attimo effimero di un appuntamento che magari non si ripeterà mai più, ma che forse, in un barlume all’interno della recita di circostanza, può darti o farti capire qualcosa. Lei, Eccellenza, dice che cerchiamo solo l’intrigo. Forse è così, chi più chi meno. Forse viviamo nell’eterna illusione di trovare qualcosa di spontaneo dove di certo nulla di spontaneo può esserci.

 
Ma la invito a provarci - sì anche lei Signor Giudice - le farebbe bene. Provi una volta, la sponsorizzo io… sempre che di nascosto già non lo faccia! E vedrà che non si tratta solo di “toccare”, che non è il tatto l’unico senso che dà un senso ad un massaggio. Provi ad andare in quel di Mac Mahon a farsi ipnotizzare da quei quattro occhi magnetici, provi ad ascoltare il sospiro dolce che soffia per via Soperga, provi a gustarsi sereno la gioia di un sorriso in Porta Venezia, provi a godersi i profumi delle foreste selvagge di via Porpora. Così forse capirà cosa intendiamo noi per sensualità. E, chi lo sa, magari riuscirà anche a farsi un'idea diversa su chi va a massaggi e scoprirà simpaticamente che, parafrasando lo splendido film di Steno, «è un misto, un cocktail, un frullato de robba, un minorato, un incosciente, un regazzino, un dritto e un fregnone, un milionario pure se nun c'ha ‘na lira e uno che nun c'ha ‘na lira pure se è milionario, un fanatico, un credulone, un buciardo, un pollo, uno che passa sopra a tutto e sotto a tutto…». Concludendo lo confesso, sono colpevole Vostro Onore, non pentito ma comunque colpevole. Chiedo solo clemenza e un po’ di comprensione. Sia come si dice severo ma giusto, mi condanni alla pena che merito, la sopporterò con dignità. Ma per favore, la supplico… al posto dell’ora d’aria… un’ora di massaggio!

«Quel giorno quando verrà giudichi senza pietà,
ci vergogniamo tanto d'essere uomini così così….»
(Signor Giudice, R. Vecchioni)

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